martedì 20 marzo 2018

La Shoah dei bambini



Furono un milione e mezzo i bambini uccisi dal nazifascismo. Alcuni di loro, come Liliana Segre, si sono salvati e sono diventati testimoni dell'orrore.
Il termine Olocausto nel greco antico, indicava un tipo di sacrificio religioso in cui il corpo della vittima animale, dopo l'uccisione, veniva bruciato completamente, così che nessuna parte commestibile poteva essere consumata.
Il termine Shoah descrive la tragedia ebraica di quel periodo storico che va dal 1923 fino al 1944. "Shoah" (in lingua ebraica שואה), significa "desolazione, catastrofe, disastro".
Il più grande ghetto, dove furono rinchiusi più di 500.000 ebrei, fu istituito nel 1940 a Varsavia, dopo l’innovazione della Germania in Polonia.
Ebrei, zingari, slavi, disabili: i bambini "indesiderabili" rimasti vittime del III Reich furono almeno un milione e mezzo. Molti morirono nei campi di sterminio, altri nei lager, molti ancora nei ghetti dove la fame e il tifo decimarono migliaia di persone. Chi si salvò, come Elie Wiesel o Liliana Segre - appena nominata senatrice della Repubblica - diventati adulti hanno raccontato e testimoniato l'orrore a cui hanno assistito.
Le condizioni dei bambini non ariani nella Germania nazista si fecero critiche fin dal 1933, quando Hitler salì al potere, ma peggiorarono drasticamente due anni dopo, con la promulgazione delle prime leggi razziali (leggi di Norimberga), copiate poi in Italia anche da Benito Mussolini. Intanto in Germania gli ebrei, dopo essere sopravvissuti ai ghetti venivano deportati nei campi di concentramento dove le condizioni erano peggiori. 
Arrivati ai campi di sterminio i bambini sotto i 13 anni che non erano in grado di lavorare, venivano direttamente gassati e, chi non finiva nelle camere a gas, ucciso con il famigerato Zyklon B, era usato come cavia per esperimenti pseudo scientifici e inviato ad Auschwitz-Birkenau o in altri laboratori della Germania. Purtroppo sono famosi gli esperimenti del dottor Mengele, che ad Auschwitz selezionò un gruppo di bambini (circa 3.000, soprattutto gemelli) come cavie per i suoi studi: ne sopravvissero 200. Anche alcuni bambini di Terezín, nel luglio del 1944, furono selezionati per gli esperimenti. Ma nei campi di sterminio accadevano anche “miracoli”. Nel campo di concentramento di Buchenwald 904 bambini si salvarono grazie alla solidarietà di alcuni prigionieri, che li protessero fino al giorno della liberazione. Molti dei kapò erano stati infatti reclutati tra i prigionieri politici comunisti e questo favorì la solidarietà a favore dei bambini.
Finita la guerra i bambini vittime dell'Olocausto erano un milione e mezzo (circa un milione erano ebrei). Ci furono (rari) casi di bambini ebrei che riuscirono a sfuggire al loro tragico destino di morte trovando rifugi di fortuna o vivendo con una falsa identità in orfanatrofi o in istituti religiosi compiacenti. Altri si salvarono dallo sterminio uscendo illesi dai lager. Tra i piccoli sopravvisuti molti hanno raccontato il loro personale orrore quotidiano e ben 5 di loro sono diventati premi Nobel, alcuni esempi: il fisico teorico belga François Englert (Nobel per la fisica nel 2013), sopravvissuto negli anni della guerra con una falsa identità in un orfanatrofio; il chimico e scrittore Roald Hoffmann (Nobel per la chimica nel 1981), che riuscì a fuggire con la madre da un campo di concentramento nel 1939; lo psicologo Daniel Kahneman (Nobel per l'economia nel 2002), che visse in clandestinità fino al 1945; dello scrittore Imre Kertész (Nobel per la letteratura nel 2002), fu deportato quindicenne ad Auschwitz e poi trasferito a Buchenwald, dove fu  liberato nel 1945.
Ancora oggi i campi di concentramento commuovono tutti i loro visitatori poiché li dentro furono fatte cose disumane. Personalmente mi piacerebbe visitare un campo di concentramento perché credo sia importante ricordare la storia, anche quella più crudele, per non commettere gli stessi errori e rimanere sempre umani.

Alessio Accili

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